Nella storia di Porsche, la casa costruttrice ha sempre dato un ruolo preminente alla ricerca e all’innovazione. Non è un caso che, negli ultimi anni, Zuffenhausen abbia investito così tanto nella ricerca e nelle applicazioni dei motori elettrici. Eppure, Porsche non ha mai abbandonato la passione per i motori endotermici, come dimostra il recente brevetto per un motore a 6 tempi. Un progetto che, stando alle documentazioni oggi disponibili, promette di migliorare l’efficienza termodinamica e, al contempo, le prestazioni dei propulsori. Il motore a sei tempi, infatti, prevede un ciclo di combustione più complesso di quello a quattro tempi, che consente di ottenere una migliore combustione, a beneficio dei consumi, della riduzione di emissioni di CO2 e delle prestazioni.
Questo genere di propulsori, in realtà, non rappresenta una vera e propria novità tecnologica. Già nell’Ottocento, agli albori dello sviluppo dei propulsori, furono realizzati motori con un numero di tempi superiore a quattro, come il motore a cinque tempi Ilmor/Schmitz. La tecnica, poi, si è spinta anche più in là con motori a 6 tempi, come il motore Griffin, il motore Dyer, il motore Bajulaz e molti altri ancora. Le applicazioni pratiche di questo genere di motori, tuttavia, sono state soppiantate dalla larga diffusione di motori a due o a quattro tempi.
Tuttavia, Porsche sembra prepararsi a portare questo genere di soluzione sulle automobili moderne, eventualmente combinandolo con l’elettrico, per migliorare l’efficienza complessiva e ridurre ulteriormente l’impatto ambientale dei propri veicoli. Prima di addentrarci in queste considerazioni, però, capiamo come funziona il motore 6 tempi, quali sono i vantaggi pratici che esso apporta e, infine, come Porsche potrebbe utilizzare questo propulsore.
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Il motore a 6 tempi è un motore a combustione, che si distingue dal tradizionale motore a 4 tempi per l’aggiunta di due ulteriori fasi nel ciclo di combustione. Di motori a sei tempi, in realtà, ne esistono diverse tipologie. Quello “più semplice” è definito come motore sei tempi con recupero, che rappresenta la soluzione adottata da Porsche. Una variante di questo motore è il motore sei tempi a gradinata, che sfrutta un secondo pistone dotato di una velocità doppia rispetto al pistone principale. Infine, le due tipologie di motore sono state combinate per sfruttare i vantaggi di uno e dell’altro principio. In questa trattazione, per brevità, ci concentreremo solo sulla prima tipologia di motore a sei tempi.
In un motore a 4 tempi, come noto a tutti, il ciclo si compone di quattro fasi: aspirazione, compressione, combustione ed espulsione dei gas di scarico. Nel motore 6 tempi, invece, dopo la fase di espulsione dei gas, si aggiungono due cicli supplementari: una seconda espansione e una nuova espulsione dei gas. Questo, tendenzialmente, è possibile grazie a una valvola aggiuntiva, detta di recupero o di trasferimento. Quando questa valvola entra in funzione consente ai gas di defluire in un cilindro di recupero, che consente così lo svolgimento della quinta e sesta fase del ciclo.
Il ciclo del motore a sei tempi del tipo a recupero, come in qualsiasi motore a combustione interna, inizia con la fase di aspirazione durante la quale il cilindro si riempie di una miscela di aria e carburante. Segue la fase di compressione, dove la miscela viene compressa dal pistone nel cilindro. A questo punto avviene la combustione, generata dalla scintilla della candela, che causa un’espansione rapida dei gas e produce l’energia capace di far muovere il veicolo. In un motore a 4 tempi tradizionale, la fase successiva sarebbe l’espulsione dei gas di scarico. Tuttavia, nel motore a sei tempi, una parte del calore residuo viene utilizzata per alimentare una seconda espansione, che genera ulteriore energia. Infine, un’ulteriore fase di espulsione rimuove i gas esausti.
Il primo e più evidente vantaggio di questo genere di motori è la capacità di estrarre un maggiore potere energetico dalla stessa quantità di carburante. La possibilità di recuperare parte del calore residuo prima dell’espulsione dei gas di scarico, come avviene nei motori a quattro tempi, aumenta l’efficienza termica del propulsore. In tal senso, l’efficienza di un motore a sei tempi rispetto a quello a quattro tempi può migliorare fino al 40%. Questo, evidentemente, ha delle conseguenze anche dal punto di vista dell’impatto ambientale. I gas di scarico emessi da un motore a sei tempi, infatti, contengono tendenzialmente un quantitativo inferiore di residui nocivi rispetto al motore a quattro tempi. Questo significa che le emissioni nell’ambiente contengono minori quantitativi di CO2 e di altri elementi inquinanti per l’ambiente. L’ultimo aspetto, non meno importante, è una migliore dissipazione del calore. Il miglioramento della combustione, che permette di sfruttare al meglio il potere energetico del combustibile, consente di abbassare la temperatura del propulsore e quindi la necessità di potenti impianti raffreddamento. Anche questo, nel suo piccolo, consente di ottimizzare l’efficienza del propulsore.
Il motore a 6 tempi, tuttavia, non contempla solo vantaggi, ma ha anche degli svantaggi. Una delle principali sfide tecnologiche è rappresentata dalla complessità del design. L’aggiunta di due fasi al ciclo di funzionamento richiede un controllo preciso della combustione e delle valvole, il che rende più complicato il sistema rispetto ai tradizionali motori a 4 tempi. Questo aumento di complessità può tradursi in una maggiore probabilità di guasti e in costi più elevati di produzione e manutenzione. Un’altra sfida significativa è legata alla durata e affidabilità del motore. L’introduzione di ulteriori cicli di espansione potrebbe esercitare maggiore stress sulle componenti meccaniche, con un impatto potenzialmente negativo sulla longevità del motore. Le parti in movimento, come pistoni e valvole, possono subire un’usura più rapida, richiedendo materiali più resistenti e costosi per mantenere le prestazioni ottimali.
Infine, un limite importante è rappresentato dalla compatibilità con le tecnologie attuali. L’integrazione del motore a 6 tempi nei veicoli attuali potrebbe richiedere modifiche significative al design e all’infrastruttura dei motori e delle trasmissioni, aumentando i costi di implementazione per le case automobilistiche. Inoltre, vi sono dubbi riguardo alla scalabilità e all’applicabilità di questa tecnologia a veicoli di massa, poiché il rapporto costo-beneficio potrebbe non essere favorevole in contesti diversi dalle auto sportive di fascia alta, come quelle prodotte da Porsche.
A questo punto, è interessante comprendere che cosa Porsche abbia in serbo per gli amanti del marchio. Secondo quanto si è scoperto, il 23 febbraio di quest’anno la casa di Stoccarda ha presentato domanda di brevetto in Germania di un motore studiato in collaborazione con la Technical University di Cluj-Napoca in Romania, rappresentata da Andre Kopp, Ovidiu Barac-Zbircea e Nicolae Vlad Burnete. Un’analoga domanda di brevetto, il 12 settembre sempre di quest’anno, è stata presentata anche all’USPTO, l’Ufficio brevetti e marchi degli Stati Uniti, che l’ha registrato con il numero Appl. No. 18/585,308 e descritto come un motore “two times three strokes”, ossia due cicli a tre tempi.
Infatti, nel motore sei tempi Porsche, che si ispira al principio dello spirografo e prevede due punti morti superiori (PMS) e due punti morti inferiori (PMI), le fasi si possono distinguere in due cicli, che prevedono una rotazione complessiva dell’albero motore di 1.080°, corrispondente a tre rivoluzioni complete. L’obiettivo dichiarato dagli inventori è quello di combinare i vantaggi di un motore a due tempi con quello a quattro tempi, minimizzando gli svantaggi di ciascuna delle due configurazioni. Il primo ciclo, in particolare, si compone di:
A questo punto, proprio sfruttando il movimento planetario del sistema, si espandono le fasi di espansione e compressione. Il secondo ciclo del motore sei tempi di Porsche si compone delle seguenti fasi:
Secondo il brevetto depositato, il motore sei tempi di Porsche, rispetto a un motore a quattro tempi, riesce a utilizzare il calore residuo della combustione grazie alla seconda espansione. Questo, in virtù di un rapporto tra combustione ed espansione migliorato, migliora l’efficienza termica e, di conseguenza, conduce a una riduzione del consumo di carburante a parità di carburante consumato e una riduzione dei residui di combustione espulsi nell’ambiente. Non solo, perché secondo gli inventori questo tipo di motore presenta dei vantaggi anche rispetto agli altri tipi di motori a sei tempi. L’implementazione di una fase di riposo, infatti, riduce il rischio di surriscaldamento, migliorando anche la durata delle componenti meccaniche del motore.
Il motore a sei tempi è, al momento, una sfida tecnica per Porsche come per qualsiasi altra casa costruttrice. Restano, per esempio, irrisolti i problemi di vibrazioni derivanti da questa speciale configurazione. Al di là di questo, però, il brevetto recentemente presentato dimostra, ancora una volta, la forte volontà da parte della casa di Stoccarda di perseguire la sostenibilità ambientale, senza necessariamente abbandonare la soluzione dell’endotermico, ma anzi rilanciandolo. Questo, speculando sul futuro, potrebbe portare a una propulsione ibrida basata sul motore a sei tempi e sui motori elettrici, coi quali Zuffenhausen è ormai specializzata. Questo consentirebbe di abbattere ulteriormente le emissioni, mantenendo intatti i concetti di prestazioni e sostenibilità, che ormai sono alla base della filosofia di Porsche.
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