Provate a pensare per un attimo a un’automobile di Formula 1: le sue forme, le ruote scoperte, il motore. Ecco, dove vi immaginate il motore? Se la risposta è nella parte posteriore della vettura, sappiate che ciò si deve alla Auto Union Type C, che, neanche a dirlo, fu progettata da un certo Ferdinand Porsche. È per questo motivo, oltre al fatto che il suo progetto risale alla metà degli anni Trenta, che la Type C è unanimemente ritenuta una delle automobili più innovative e, al contempo, una delle più importanti nella storia della Formula 1. Oggi ci dedicheremo a questa vettura che, pur non riportando il marchio Porsche, resta comunque una delle creazioni del fenomenale inventore di Stoccarda e ne condivide lo spirito innovativo e sportivo.
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Storia della Auto Union Type C, agli albori della Formula 1
Quando all’indomani della Seconda Guerra Mondiale anche gli sport motoristici tornarono alla ribalta, la Formula 1 – o quella che all’epoca rappresentava la Formula 1 – dovette guardarsi alle spalle per annodare le maglie di quanto era stato lasciato in sospeso. Un compito non facile, visto che l’economia di guerra aveva dato un contributo di non poco conto all’evoluzione tecnologica, ma in tutt’altro ambito. Qualcosa di buono, però, c’era: era la Auto Union Type C, progetto firmato da un vero e proprio genio, che, dal 1936 in poi aveva conquistato non pochi successi sportivi. Iniziamo dalla storia della vettura, sicuramente di grande interesse e non solo per Porsche e i porschisti.
La storia della Auto Union Type C
Se guardate una qualsiasi automobile del marchio tedesco Audi, vi troverete dinanzi quattro anelli concatenati. Vi siete mai chiesti cosa essi rappresentino? In effetti quel simbolo ha a che vedere proprio con la Auto Union. Nel 1932, in seguito alla crisi economica dovuta alla Grande depressione del 1929, le piccole case automobilistiche Horch, Audi, DKW e Wanderer formarono un consorzio che prese proprio il nome di Auto Union. Per simboleggiare l’unione di queste quattro realtà, quindi, furono scelti proprio i quattro anelli che, ancora oggi, sono in uso all’Audi.
Storie di simboli a parte, in questa nuova casa automobilistica, già nel 1933, iniziò a lavorare un giovane progettista: Ferdinand Porsche. Fu a lui che si decise di affidare la progettazione di una nuova automobile da corsa. Il genio di Stoccarda, che non sarebbe stato tale se non avesse fatto quanto fece, iniziò a progettare una vettura con soluzioni tecniche rivoluzionarie per l’epoca. Il progetto colpì favorevolmente il Consiglio d’amministrazione della Auto Union, ma provocò anche gravi preoccupazioni legate alla sua realizzazione tecnica e finanziaria. Nel tentativo di sbloccare la situazione, quindi, Porsche si rivolse al Führer. Questa decisione, così come altre vicende tra cui la progettazione della Volkswagen Maggiolino, furono causa di grossi problemi per Porsche all’indomani della sconfitta della Germania. In ogni caso, nonostante le remore di Adolf Hitler, che riteneva sufficienti i finanziamenti nazionali alla Mercedes-Benz, Porsche riuscì a convincerlo della supremazia del suo progetto e a ottenere le somme necessarie per procedere nel proprio intento.
Fu quindi grazie ai finanziamenti del Terzo Reich che Porsche poté iniziare la prima versione del suo progetto. Nel 1934, quindi, vide alla luce la Auto Union Type A. Una vittoria per Porsche, che poté così mettersi al lavoro nella realizzazione dei suoi progetti. Quali erano le caratteristiche che colpirono sia il Consiglio d’amministrazione della Auto Union, che il Fuhrer? Vediamoli nel prossimo paragrafo.
La tecnica della Auto Union Type C
La vettura immaginata da Ferdinand Porsche era stata messa a punto secondo i regolamenti dell’epoca. La Formula 1 di quegli anni, se così si poteva definire, prevedeva automobili senza limite di cilindrata, frazionamento o sovralimentazione. Imponeva, tuttavia, un limite di peso pari a 750 chilogrammi, che era l’unica vera limitazione dell’epoca. In un tempo in cui i materiali leggeri erano ancora un miraggio, Porsche lavorò su quella che oggi si chiamerebbe «distribuzione delle masse»: la sua intuizione, infatti, fu quella di disporre il propulsore – che in un’epoca ancora lontana dalle leghe superleggere rappresentava una quota consistente del peso della vettura – nella parte posteriore. Questa impostazione, a ben vedere, consentiva di migliorare la trazione delle ruote posteriori e forniva ulteriori vantaggi alla ciclistica della vettura, migliorandone, per esempio, l’inserimento in curva.
Per quanto riguarda il telaio, per l’appunto, questo era realizzato a traliccio, con tubolari in acciaio cromo-molibdeno, e rivestito con pannelli in alluminio. Soluzione che, al tempo in cui l’uomo aveva iniziato a volare solo trent’anni prima, rappresentava comunque un’avanguardia. Un’altra vera rivoluzione, poi, fu rappresentata dalle sospensioni: queste erano a barre di torsione, ancora una volta innovative per l’epoca. Nell’ultima evoluzione, la Type C, per limitare il sovrasterzo tipico delle vetture con motore posteriore, si decise di montare ruote posteriori gemellari, che diminuivano le sbandate nelle curve lente.
La vera innovazione, tuttavia, era rappresentata dal propulsore. Già nel 1934, quando aveva fatto il proprio esordio la Auto Union Type A, la vettura montava un motore da 4.358 cm3 a 16 valvole, dotato di compressore volumetrico. Grazie a questo schema, la vettura era in grado di sviluppare la considerevole potenza massima di 295 CV. Valori importanti che consentirono, come vedremo, di ottenere subito alcuni successi. La seconda evoluzione, la Type B, montò un nuovo motore, che era in grado di sviluppare la straordinaria potenza di 375 CV. Con l’ultima versione, la Auto Union Type C, il propulsore 16 cilindri da 6.006 cm3 era in grado di sviluppare una potenza di ben 520 CV a 5.000 giri/min. Fu proprio grazie a quest’ultima versione che la Auto Union riuscì a imporsi.
I risultati della Auto Union Type C
Come abbiamo visto, ben prima che la Auto Union Type C facesse il suo esordio, il progetto di Ferdinand Porsche raccolse dei successi. Nello specifico, già nel 1934, la Type A condotta da Hans Stuck e Achille Varzi ottenne otto successi. Nel 1935, con la Type B, gli stessi Stuck, Varzi e Bernd Rosemeyer ottennero sei vittorie complessive. Fu la Type C, tuttavia, a ottenere la maggior parte delle vittorie.
Nel 1936, principalmente grazie a Rosemeyer, l’ultima evoluzione del progetto si aggiudicò nove gare. Grazie a questi successi, il pilota tedesco si aggiudicò il Campionato Europeo Grand Prix e il Campionato tedesco di corse in salita. L’anno successivo, con Porsche che fu trasferito sul progetto del Maggiolino, la Type C non ricevette adeguato supporto e il campionato fu quindi conquistato dalla Mercedes-Benz. Nonostante questo, però, la vettura riuscì a conquistare comunque otto vittorie. Nel 1938, con il cambio di regolamento che sostituì il limite di peso con un limite di cilindrata a 3.000 cm3, la Type C smise di essere supportata.
Ciononostante, la vettura è ricordata anche per i record che conquistò. Nel 1937, infatti, Bernd Rosemeyer ottenne il record di velocità sul chilometro lanciato, facendo segnare la velocità massima di 406,321 km/h. L’anno successivo, nel tentativo di ristabilire il record che gli era stato soffiato da Rudolf Caracciola su Mercedes-Benz, il pilota tedesco raggiunse la velocità 429,594 km/h. Tuttavia, a causa di un’improvvisa sbandata Rosemeyer perso il controllo dell’automobile, si schiantò contro una recinzione e, sbalzato fuori, perse tragicamente la vita.
Nonostante questo tragico esito, la Type C fu rispolverata più tardi. Quando la Cooper Car Company, team britannico impegnato in Formula 1, decise di adottare la stessa impostazione della Auto Union, con il motore posteriore. E questo, a dimostrazione di quanto rivoluzionario fosse il progetto di Porsche, ne assicurò a vittoria nel campionato del 1959 e del 1960.