Chiunque si sia soffermato a osservare per qualche secondo il profilo di un’automobile sportiva si sarà facilmente reso conto di quale lavoro sia necessario per assicurare quelle doti da purosangue. E la prima cosa che salta all’occhio, indubbiamente, è il lavoro necessario affinché l’automobile penetri facilmente nell’aria alle alte velocità di cui è capace. È l’aerodinamica, di cui oggi si sente parlare anche a riguardo di automobili meno performanti, ma che sulle automobile sportive ha un’importanza capitale. Talmente importante, che i progettisti non si occupano più soltanto di appendici fisse che governano i flussi d’aria, la cosiddetta aerodinamica passiva, ma anche di alette mobili che si adattano alle diverse condizioni. È la cosiddetta aerodinamica attiva, di cui oggi andremo a parlare cercando di illustrarla e di spiegare anche quali sono gli ultimi sviluppi in casa Porsche.
Che cos’è l’aerodinamica attiva e come Porsche la utilizza
Prima di entrare nel dettaglio dell’aerodinamica attiva è fondamentale capire che cos’è l’aerodinamica. Per fare questo, dobbiamo considerare un oggetto – per esempio un’automobile – immerso in un fluido e in movimento relativo tra di loro. Quando ciò accade, chiaramente, si generano diverse interazioni tra le superficie di uno e dell’altro. Ecco, l’aerodinamica è la disciplina che studia queste interazioni per sfruttarle a proprio vantaggio. Per esempio, in ambito aeronautico gli studi di aerodinamica hanno permesso di realizzare delle superfici, che, messe in movimento all’interno dell’aria, potessero sollevare un corpo. In ambito navale, ancora, questi studi hanno permesso di individuare soluzioni che consentano alla nave di procedere con velocità maggiori oppure con minore dispendio di energia.
In ambito automobilistico, gli studi aerodinamici hanno l’obiettivo di individuare le soluzioni che consentano di ridurre l’attrito del veicolo, ma anche di assicurare la massima tenuta di strada nelle più disparate condizioni. Questo significa che le superfici del veicolo dovranno al contempo assicurare una bassa resistenza aerodinamica, per consentire al veicolo di raggiungere la massima velocità permessa dal propulsore, ma anche sufficiente carico aerodinamico – e quindi resistenza – per poter aderire meglio al suolo per esempio in curva. Un paradosso, tutto sommato: un’automobile più sarà “caricata” e maggiore sarà la sua tenuta a discapito della velocità massima e viceversa. Come risolvere, dunque? Ecco che interviene l’aerodinamica attiva. Vediamo che cos’è.
L’aerodinamica attiva, l’aerodinamica del nuovo millennio
Come forse si sarà già capito, per estensione, l’aerodinamica viene anche intesa come sistema di gestione dei flussi d’aria che scorrono tutt’intorno alla vettura. per questo che possiamo distinguere tra aerodinamica passiva, ossia tutte quelle superfici che vengono esposte al flusso d’aria senza che esse possano in qualche modo modificare il proprio assetto, e aerodinamica attiva, cioè le superfici che modificando il proprio assetto governano il flusso d’aria in maniera tale da ottimizzare le prestazioni in ogni condizione.
Stiamo parlando, pertanto, di superfici mobili che, grazie all’ausilio di sensori e sistemi di calcolo, adattano le loro forme, dimensioni, posizioni affinché i flussi possano essere ottimizzati a seconda di velocità, accelerazioni verticali, laterali e numerosi altri fattori ancora. Non più un semplice alettone fisso, ma vere e proprie appendici mobili, opportunamente posizionate lungo il profilo dell’automobile, che vanno a produrre un incremento di carico aerodinamico, allorquando l’automobile richiede una maggiore aderenza, per esempio in curva, o una riduzione di tale carico, nel momento in cui l’automobile ha necessità di offrire una minore resistenza all’aria, per esempio durante una fase di accelerazione.
Quali possono essere le appendici di un’aerodinamica attiva? In realtà, non c’è limite all’immaginazione. La più semplice evoluzione degli alettoni, degli alettoni mobili, li abbiamo visti tutti impiegati in Formula 1. In quel caso si tratta di un’aerodinamica attiva semi-automatica, poiché è il pilota stesso a determinare l’apertura e la chiusura del cosiddetto flap. In genere, però, sulle automobili stradali, l’aerodinamica attiva è totalmente automatica al fine di semplificare la vita del guidatore. In ogni caso, nel momento in cui il flap è in posizione aperta, il flusso d’aria passa su di esso senza caricare ulteriormente il posteriore dell’automobile e, quindi, aiutandola a raggiungere valori di velocità/accelerazione più elevati. Viceversa, quando è chiuso a seconda dell’inclinazione che esso assume, va a generare valori di carico più o meno elevati, che migliorano l’aderenza in condizioni critiche. L’inclinazione può addirittura essere ad angolo retto, così da generare una resistenza tale da trasformarsi in una forza frenante: questa può essere utile, per esempio, durante le fasi di frenata d’emergenza.
L’alettone mobile, tuttavia, non è l’unico sistema di aerodinamica attiva. Anteriormente, per esempio, possono essere installati i cosiddetti splitter, che vanno a modificare l’andamento dei flussi al di sotto dell’automobile. Tecnologie simili sono state utilizzate anche nell’ambito della Formula 1 dove il concetto è stato estremizzato, fino alle celebri automobili ad effetto suolo. Queste sono perfette per spiegare l’utilità di questa appendice aerodinamica: la forza generata dal flusso sottostante, infatti, è tale da poter “risucchiare” il veicolo a terra – da qui il nome di “effetto suolo” – aiutando l’automobile a restare più bilanciata. Al solito, uno splitter attivo può modificare le proprie posizioni al fine di determinare i valori di carico aerodinamico.
Sin qui, abbiamo visto superfici mobili che hanno la capacità di rendere più o meno carica la vettura. Non tutte le superfici mobili, tuttavia, lavorano a questo modo. In alcuni casi, infatti, esse hanno l’obiettivo di stabilizzare – sempre sfruttando il carico – l’automobile. Si tratta del cosiddetto vectoring aerodinamico: il compito delle superfici mobili, in questo caso, è quello di bilanciare i trasferimenti di carico nel momento in cui l’automobile effettua una curva. Gli spoiler preposti a questo scopo, si attivano incrementando i valori di carico sulla ruota interne, prevenendo così perdite di aderenza.
L’aerodinamica attiva secondo Porsche
Porsche nell’ambito dell’aerodinamica attiva non è seconda a nessuna. Da tempo, infatti, affina la propria tecnica per rendere sempre più performanti aerodinamicamente le proprie automobili. Recentemente, infatti, i tecnici della casa di Stoccarda hanno messo a punto il sistema Porsche Active Aerodynamics, che prevede diverse appendici aerodinamiche mobili. Anteriormente, per esempio, sono montate tre alette mobili che hanno la possibilità di convogliare il flusso d’aria verso i radiatori a seconda delle esigenze: fino 70 km/h le alette restano chiuse, mentre a partire dai 150 km/h esse si aprono per offrire un’aerodinamica più performante. Sempre anteriormente, poi, è installato uno spoiler in plastica deformabile: questo, grazie all’intervento di attuatori pneumatici, modifica la propria forma così da ottimizzare i flussi che passano al di sotto dell’automobile. Posteriormente, poi, il sistema prevede un alettone mobile che resta retratto per le velocità più basse, esteso ma in posizione pressapoco neutra per le velocità intermedie e, infine, esteso e inclinato secondo un preciso angolo per velocità superiori ai 260 km/h.